Da “Da una crepa”
2014
Quando l’occhio si oscura
non cercare il calore della
mano che la palpebra abbassa,
scappa la melodia della parola,
la voce che ti sorride coi denti rifatti.
Se la lingua è mondo, è
specchio, trovatici con la pupilla
spalancata, pescaci da quel nero
quell’inchiostro che dica la parola
verticale. Alla sua ombra crescono
domande, si fa spazio
al respiro del pensare.
Non parola orizzontale che sommerge,
ma il bianco dei margini, la pausa che
copre l’assenza tra te e me.
**
da Dare acqua alla pianta del sognare
(dialogo con Paul Celan)
La saliva non usata prima
chiude le fessure tra i
denti, poi mura la
lingua al palato.
*
Cresce il tuo
piede che
non cede
e l’unghia
si tinge color
del rimanere.
La crepa che da te
parte, segna
il passo al
vicino.
**
da La gita
Un vento che m’impasta
col soffione, che mi
fonde le suole mentre
faccio la mia
cernita: quale sasso
ti ricorda, il suono
di quale sirena.
Adesso è il tempo della
miniera della terra
che mi sfiora il capo,
del parlare indurito,
della lampada spenta.
Scale dentro la roccia
grattano il fondo, dove
si sudano sassi e il cuore
gorgoglia.
Ci scendiamo in miniera
seguendo briciole di
pirite, ci si scende
con gli occhi, coi ginocchi,
ci si scende a cercare
la traccia, la goccia
che ha segnato la pietra
col cadere, che fa la
memoria traboccare.
(ci sciogliamo
col caldo, goccia
a goccia, ci
rimpastiamo
al mare.
ci ritroviamo,
nodo nella
palpebra.)
Dentro ascolto il
legno del sostegno,
conto le micce che
aprono alla vista,
ci raduno prima
della volata,
ci cerco
nel buio e nel calore.
Ci cerco, a noi due:
tu nube di memoria,
io che mi sfuggo
come di mercurio,
tremito di termometro
che ingoio, vetro e tutto.
(Un treno dal buio,
un piede per binario,
un occhio accecato che
ti cerca,
un treno
nel buio, che t’aspetta.)
(…)
sfilarti il filo
rosso dalla scapola,
seguirti nelle
ossa della
terra
oltre il confine
del labbro,
noi,
rimossi dalla luce.
questo è un lavoro
di taglio e riempimento,
poco importa se sasso o
se parola.
**
da Coi denti macchiati d’inchiostro: fotografie
(dialogo con Emily Dickinson)
la parola
silenzio ha
messo spine,
la sfiori
passando, ti
buchi le calze
a un suo
respiro.
*
scrivi ai bordi,
per lasciare respiro
al tuo dire
fuoco spento ogni giorno
col latte.
*
sorridi
coi denti macchiati
d’inchiostro – sotto l’unghia
il nero della parola grattata
via oggi.
**
controvento
Mi rigiro la carta tra le mani,
mi riannodo il respiro nella gola:
guardo le lettere con tutte quelle lame,
come le ombre delle cose poi mai dette.
Faccio buio e dopo accosto il foglio
la tua parola più scura mi fa luce,
pulsa nel palmo tutto il suo silenzio.
E’ questo un seme che mai si consuma.
Controvento le parole
sono solo richiami,
saliva che ti torna
in bocca.